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Isole Misteriose: La Gomera, l’America scoperta grazie ad una donna
Testo e foto: Ermanno Sommariva
LA GOMERA IN SINTESI
Superficie 370 Km²
Abitanti 22.400
Altitudine massima Garajonay 1.487 m
Riordinando la mia soffitta, ho trovato, semisepolto da diversi oggetti, un piccolo scrigno consumato dai tarli, contenente diverse pergamene ingiallite, ciascuna delle quali racconta, vergata da vecchie penne intinte nell’inchiostro, la vicenda autobiografica di qualche personaggio storico, alcuni conosciuti, altri meno noti, ma tutti accomunati da un grande amore per il mare, i viaggi, e le avventure.
Evidentemente, qualche mio antenato si è divertito a collezionare antiche storie di mare: forse da lui nasce la mia irresistibile passione per la geografia, che non posso fare a meno di trasmettere ai miei lettori. La storia che vi racconterò qui di seguito è quella dell’isola La Gomera, perla semisconosciuta delle Canarie, che lascio raccontare da uno dei suoi ospiti più illustri.
«Ero tra i pochi ad essere certo di poter raggiungere le Indie navigando verso occidente, quasi nessuno avrebbe potuto dar credito ad una siffatta teoria balzana, ma si dà il caso che la Regina di Spagna in persona ci avesse creduto, fino al punto da armare una piccola flotta di tre caravelle e spedirmi alla tanto agognata avventura.
Perché non puntassi direttamente la prua da Palos verso ovest non l’avevano capito neppure i miei marinai. La scusa ufficiale era che avremmo potuto fare un altro rifornimento nell’ultimo avamposto occidentale spagnolo dell’Atlantico e che dovevamo recuperare la Pinta, che si era fermata a Las Palmas, per urgenti riparazioni al timone.
In realtà il vero motivo che mi spinse a raggiungere l’arcipelago canario, centinaia di miglia più a sud, era un altro. Beatriz aveva sangue nobile, e da giovanissima era stata damigella d’onore della regina Isabella di Castiglia: pare piacesse molto anche al Re Ferdinando II d’Aragona, per tale ragione, Isabella l’avrebbe allontanata dalla corte. Sposata a un capitano sanguinario e donnaiolo, fu costretta a seguire il marito che divenne, suo malgrado, Governatore de La Gomera. In tal paese, ben presto però rimase vedova: il marito, infatti, venne ucciso durante una delle tante rivolte degli isolani.
Beatriz De Peraza y Bobadilla, marchesa di Moya, era bella, altera e dignitosa, i dispiaceri della vita coniugale non avevano lasciato alcun segno sul suo focoso bel viso castigliano: era lei, ora, la governatrice dell’isola e la fama della sua bellezza era giunta fin nella Madre Patria: per questa ragione ero ansioso di vederla.
Rimasi a La Gomera per quasi un mese, prima di ripartire verso l’ignoto, in quel 6 settembre del 1492, con gli occhi pieni della passione di Beatriz e dei maestosi scenari dell’isola. La Gomera e Beatriz, in fondo, si somigliavano: lei, come l’isola, era dotata di una personalità multiforme, a volte arida e al tempo stesso solare come il versante meridionale de La Gomera, più spesso selvaggia e rigogliosa come le foreste settentrionali dell’isola, bagnate dalle piogge che gli alisei, le regalano quasi ogni giorno, addossando un vero e proprio “mare di nuvole” ai ripidi contrafforti del Pico Garajonay, che sfiora i 1.500 metri di altezza.
Non meno indomito e ribelle è il carattere del popolo gomero, che non fu mai veramente conquistato dai dominatori via via succedutisi nei secoli, ma riconosciuti dagli indigeni che hanno sempre preteso di accettarne l’autorità. Ma guai a commettere soprusi od ingiustizie: la storia de La Gomera è ricca di gloriosi episodi di coraggiose ribellioni alla tirannia.
Un popolo forse un po’ rozzo, ma allegro ed ospitale, che per comunicare tra un versante e l’altro dei “barrancos”, i ripidi valloni franosi che dalla cima delle montagne e attraverso le strette valli scendono rapidamente al mare, ha ideato un articolato linguaggio di fischi, più noto come il “silbo gomero”, di cui sono fieri ed orgogliosi.
Già, perché attraversando le sue montagne, non sempre si ha l’impressione di trovarsi su un’isola, ma su una catena di monti con scenari drammatici e tormentati, a volte simili a paesaggi subdesertici nei soleggiati versanti a mezzogiorno. Ma è sufficiente superare un costone montuoso verso nord, che pare di percorrere i ridenti rilievi della macchia mediterranea, se non della sempreverde foresta di conifere subalpina.
Il mare lo si vede da lontano, dalla cima delle montagne, come disegnato da un maldestro pittore che ne abbozza pennellando improbabili contorni sfumati, confondendoli con il colore del cielo; oppure ti appare all’improvviso, in fondo agli stretti barrancos, dove corte strisce di spiaggia fanno da fragile argine ai freddi marosi dell’Oceano Atlantico, in un contrasto cromatico fra l’intenso blu cobalto del mare subito profondo, il bianco della schiuma che accompagna il frangersi dei flutti e il nero della spiaggia, che ricorda l’origine vulcanica dell’isola.
La Gomera mi ha portato fortuna: da quel 6 settembre il vento gonfiò le vele fino a San Salvador, senza mai mancare a poppa. Nella mia vita avventurosa ho conosciuto un’infinità di terre e incontrato molte donne, ma mai mi è riuscito di scordare quella terra arida e rigogliosa, e quella splendida donna dalla eclettica personalità, passionale, ribelle e dignitosa, come la popolazione gomera».
Cristoforo Colombo
In effetti, Cristoforo Colombo tornò più volte a La Gomera, in occasione degli altri viaggi alla scoperta del Nuovo Mondo.
Non si conosce con certezza la natura del suo rapporto con Beatriz, ma è molto probabile che Colombo ne fosse innamorato.
Quel che è più importante però, è che se da Palos fosse partito direttamente verso ovest, avrebbe avuto quasi certamente il vento contrario, per via delle correnti occidentali dominanti a quelle latitudini, e sarebbe dovuto andare di bolina (mettendoci un paio di settimane in più e subendo quindi l'ammutinamento che stava già serpeggiando fra i suoi marinai negli ultimi giorni di viaggio).
Partendo da La Gomera, diverse centinaia di km più a sud, poté invece contare sulla brezza costante degli alisei di nord est, che spinsero le sue navi dolcemente verso le “Indie”.
Anche se il mio racconto è romanzato, forse non è azzardato sostenere che il Nuovo Mondo sia stato scoperto grazie anche alla passione per una donna: Beatriz De Peraza y Bobadilla governatrice de La Gomera.
Se Colombo ripercorresse oggi lo stesso viaggio di oltre 500 anni fa, probabilmente una delle poche isole che riconoscerebbe ancora sarebbe proprio La Gomera, fra le meno note delle Canarie, solo sfiorata dal turismo di massa e non molto dissimile da quella dei tempi di Beatriz.
Il Parco di Garajonay e la sua foresta “Laurisilva”, costituita da specie arboree che anticamente ricoprivano molte delle isole Canarie, altrove ormai scomparse da milioni di anni, sono stati dichiarati dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità.
Il “silbo gomero”, il fischio utilizzato da secoli per comunicare fra le valli dell’isola, è ancora oggi molto diffuso fra le popolazioni locali ed è divenuto addirittura materia di insegnamento presso le scuole de La Gomera.
Per organizzare un viaggio, l’unico modo è il “turismo fai da te”, dato che i tour operator continuano fortunatamente a snobbare questa meraviglia delle Canarie grande poco più di una volta e mezza l’isola d’Elba. Un valido aiuto lo può fornire comunque il locale Patronato Insular de Turismo, che può suggerirvi i pochi alberghi dell’isola, o meglio, le tante case private da affittare.