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Salary (sud ovest del Madagascar): un tuffo nella preistoria e nel blu

Testo e foto: Ermanno Sommariva

   Parte prima – Vezo: un popolo in estinzione

L'area di Toliara
L'area di Toliara
   Era dal giugno 2005 che avevo ancora negli occhi l’immagine dei bimbi di Nosy Be che rincorrevano il nostro taxi in partenza sorridendo e ripetendo le parole italiane che mio figlio Daniele, che allora aveva poco più di due anni, aveva loro insegnato durante i giorni di permanenza dell’isola per riuscire a comunicare con i suoi compagni di giochi di due settimane. Quelle gioiose grida dei “bimbi marroni”, come li chiamava il piccolo Daniele, che ripetevano a memoria “luce, luce”, “battello, battello”, “onda, onda”, rendendo ancor più commovente la nostra partenza, suonavano nella mia mente come una parentesi aperta, che non potevo lasciare in sospeso.

Baobab lungo la pista
Baobab
   Prima o poi dovevo tornare in Madagascar, la rossa Grande Terre da 185 milioni di anni alla deriva nell'Oceano Indiano, dopo essersi staccata dall’Africa, completamente isolata da 88 milioni di anni, quando si separò anche dall’India, che decise di andarsene per i fatti suoi migliaia di km più a nord, per unirsi all’Himalaya.

   Fu questo splendido isolamento a fare del Madagascar una sorta di Continente in miniatura, con centinaia di specie animali e vegetali endemiche, cioè sviluppatesi solo qui e in modo del tutto unico al mondo.

Foresta spinosa
Foresta spinosa
   Questa volta ho scelto l’arido Sud, la zona sub-desertica intorno a Toliara (Tulear in francese) e precisamente Salary, un piccolo villaggio di pescatori Vezo, conosciuti anche come i “nomadi del mare”, in quanto abituati a seguire con le loro piroghe a bilanciere i branchi di pesci nelle loro migrazioni e spesso a dormire ogni notte in un diverso villaggio della costa sud-occidentale del Madagascar, talvolta in ripari di fortuna, improvvisati utilizzando le vele della piroga come posticce tende da campeggio: l’acqua da bere non è un problema, i Vezo conoscono infatti alla perfezione le piante che riescono a contenere alla base una buona quantità di acqua che può essere bevuta.

   Mi affascinava il loro modo di vivere dal sapore millenario, che si rivelerà ancor più primitivo rispetto alle mie aspettative e il fatto che il popolo Vezo, secondo stime attendibili, conti oggi poco più di 50.000 unità, rendendolo ancor più prezioso per l’umanità, preoccupata più dell’estinzione dei panda, piuttosto che della possibile irreparabile perdita di un intero popolo.

Mangrovie ad Ifaty
Mangrovie ad Ifaty
   Il fascino di Salary sta anche nella fatica e nelle difficoltà che occorrono per raggiungere la località. Da Toliara/Tulear, infatti, è necessario imboccare con il fuoristrada la sobbalzante e pietrosa strada che verso nord raggiunge dapprima Ifaty, ultimo avamposto turistico organizzato, per poi proseguire sulle piste appena abbozzate fra le dune semi-desertiche della cosiddetta “foresta spinosa”, la savana malgascia disegnata da cactacee e baobab dalle forme più insolite ed ardite, il tutto per un centinaio di km, per un totale di quattro ore di marcia: se va bene, perché durante la stagione delle piogge (gennaio – febbraio) bastano un paio di acquazzoni per far risvegliare il deserto, con pozze d’acqua profonde anche più di due metri che pullulano di stridule rane gracidanti spuntate da chissà dove e di milioni di locuste giganti svolazzanti fra le paludi, che sommergono la pista facendola scomparire, inghiottita dall’acqua e dal fango rosso.

Fiume Manombo in secca
Fiume Manombo in secca
   Ma il problema maggiore è il fiume Manombo, in secca per dieci mesi all’anno, che torna a rivivere nella stagione umida, tanto da rendere necessario un pericoloso guado o addirittura un difficoltoso trasbordo, con l’ausilio di una piroga Vezo e di un’altra 4x4, pronta ad attendere sulla sponda opposta.

   Quando arriverete a Salary, tuttavia, vi renderete conto che ne valeva la pena, non appena vi troverete di fronte allo spettacolo naturale di una spiaggia candida e interminabile, 10, forse 15 km di sabbia soffice e impalpabile come talco, che degrada dolcemente in un mare cristallino e che improvvisamente si piega in un morbido golfo a semicerchio protetto dalla povera vegetazione della foresta spinosa, in un caldo abbraccio che racchiude acque trasparenti,tiepide e tranquille, sulle quali vigila in discreta lontananza la barriera corallina, sulla quale si infrangono inesorabili i cavalloni perenni del Canale di Mozambico.
 

Villaggio Vezo
Villaggio Vezo
Villaggio Vezo
Villaggio Vezo
Donne Vezo
Donne Vezo
Bambini Vezo su una piroga
Bambini Vezo su una piroga

>>> Continua (2ª parte del resoconto di viaggio)