Condividi su
Lampedusa: ultimo lembo d'Italia, in odor d'Africa
Testo: Ermanno Sommariva
Come al solito, durante i miei viaggi non posso fare a meno di fare nuovi amici: è di loro che vorrei parlarvi, questa volta.
Lampedusa è posta nel gruppo delle Pelagie (dal greco Pelàghia, che significa “isole d’alto mare”), all’estremo sud del territorio italiano, fra 35°29’00’’ e 35°52’00’’ di latitudine nord e 12°20’00’’ e 12°53’00’’ di longitudine est, a 205 km a sud della Sicilia (Porto Empedocle), a soli 57 km dalla sorella Linosa, 18,5 km dallo scoglio di Lampione e 165 km dalla Tunisia, a 355 km dalla Libia, 220 km da Malta; la Punta Pesce Spada costituisce il punto più meridionale d'Italia.
Ha una superficie di 20,2 kmq, un perimetro di 26 km ed è lunga 8,9 km da est a ovest e larga solo 3,5 km da nord a sud.
E’ una specie di piatta zattera in mezzo al Canale di Sicilia, con vegetazione rada e con un’elevazione massima sul livello del mare di 133 m. (Monte Albero Sole), con coste più basse verso sud-sudest, caratterizzate per lastroni di falesie che si gettano nel mare intervallate da innumerevoli fiordi e calette, in fondo ai quali si adagiano minuscole incantevoli spiagge sabbiose, alcune delle quali abitate soltanto dai numerosi gabbiani che popolano stabilmente l’isola.
Più alta e a picco sul mare la costa a nord-nordovest, che dona al visitatore scenari drammatici e tormentati, fra precipizi mozzafiato e faraglioni dalle forme più insolite, in un paesaggio quasi oceanico che ricorda vagamente le bianche scogliere di Dover.
Lampedusa non è vulcanica (al contrario di Linosa), ma appartiene allo zoccolo continentale africano: per questa ragione le sue rocce sono di un colore chiaro, un bianco abbacinante, con impercettibili striature giallo ocra, che regalano a chi la vede per la prima volta la sensazione di trovarsi non già in terra di Sicilia, ma in un’isoletta tropicale, complici i colori dei fondali, sabbiosi, rocciosi e in parte ricoperti di alghe, con un gioco di gradazioni che vanno dall’azzurro chiaro al blu cobalto, che ricorda a volte il placido corso di un torrente di montagna, a volte la magia di una barriera corallina, con le barche che appaiono sospese nel vuoto, con la loro stessa ombra proiettata sul fondo, tanto è apprezzabile la trasparenza delle sue acque.
Forse per tale motivo Lampedusa è ancora fra le mete più apprezzate dai sub di tutto il mondo, ma anche solo da chi ama immergersi senza fretta e con meno pretese, per osservare le miriadi di pesci multicolori (anche il pesce pappagallo, come fosse un mare caraibico), in un tranquillo snorkeling in quello che viene considerato il “tropico italiano”, potendo vantare il primato di uno dei dieci mari più trasparenti del Pianeta.
Valentino vive sopra Cala Madonna, una delle tante calette di Lampedusa che somigliano a fiordi, in fondo ai quali si adagiano a semicerchio piccole spiagge, costrette fra falesie calcaree e dolomitiche come in un abbraccio, che donano un senso di protezione, sia metaforico che reale, nei giorni di forte vento, tutt’altro che improbabile nel bel mezzo del Canale di Sicilia.
Come a tanti lampedusani, la sua isola gli sta stretta soprattutto d’inverno, col suo vento incessante ed impetuoso e le sue scarse strutture, che lo costringono a trascorrere la brutta stagione a Modena, dove vive la sua donna.
Ma l’innato bisogno di mare è troppo forte, tanto da spingerlo, durante i mesi invernali, a passare i fine settimana sulle coste adriatiche, per lenire in qualche modo la nostalgia della sua terra.
Per questo motivo, durante la stagione estiva, che qui dura da aprile a novembre, come un migratore, Valentino deve tornare a Lampedusa, con la scusa delle case che deve affittare ai turisti, per trascorrere interminabili giornate al riparo dal sole nel suo giardino incantato di Cala Madonna, dove gli oleandri, le bouganville e i pini marittimi, a dispetto della siccità, crescono rigogliosi, grazie anche all’alto muro che protegge la proprietà dai forti venti, creando un’oasi di ombra e di pace a lui e alla sua fida cagnetta Lulù.
Angela, invece, solo raramente abbandona Lampedusa e non soltanto perché gestisce il più bel ristorante dell’isola, “Il Saraceno”, ma soprattutto perché ha deciso di restituire dignità alla sua terra, dove ha sempre vissuto. Sì, vissuto, anche se lei è nata a San Benedetto del Tronto, infatti, come dice Angela, “Non si nasce a Lampedusa”, perché l’isola è quasi totalmente priva delle più elementari strutture e per mettere al mondo i figli bisogna andare sulla terra ferma, organizzandosi per tempo.
Anni fa, Angela subì la perdita di un amico, colpito da un’improvvisa patologia cardiaca, al quale venne a mancare la tempestività dei primi soccorsi: per ben sette ore attese invano l’aereo che avrebbe dovuto portarlo nel continente.
Angela non riuscì a rassegnarsi, mandò decine di fax a Roma, cercando qualcuno fra i potenti della Capitale che potesse occuparsi di lei, dei problemi di Lampedusa e delle isole minori.
All’appello rispose soltanto un Parlamentare che veniva da molto lontano, che prese subito a cuore i suoi problemi e dimostrò coi fatti che intendeva aiutarla: riuscì a ottenere un aereo ambulanza, servizio che esiste ancora oggi per la popolazione locale.
Da allora, questa piccola grande donna siciliana decise di impegnarsi in prima persona nel sociale, lei che è quanto di più diverso dai mestieranti della politica, ma che agisce soltanto per amore della sua isola.
E’ stata premiata, se è vero che più di un lampedusano su cinque continua a darle fiducia ogni volta che, sola contro l’arroganza del potere, e senza tanti bizantinismi, continua la sua battaglia per sconfiggere l’oblio e la solitudine in cui Lampedusa viene lasciata d’inverno, quando non serve più per i turisti o per i clandestini del campo d’accoglienza.
Oggi è grazie anche alle sue lotte se Lampedusa può disporre di un pediatra, se sono stati risistemati i tetti pericolanti delle scuole elementari e si deve a lei anche la mancata costruzione di un secondo campo di accoglienza, che avrebbe trasformato l’isola in un parcheggio per disperati, contrario alla sua vocazione turistica e soprattutto ecologica.
Daniela è biologa e insegnante, ma l’amore per la natura e gli animali non deriva soltanto dalla sua professione, ma nasce dal più profondo del suo cuore.
Grazie a questa passione, Daniela è stata in grado di allestire a Lampedusa Il “Centro Recupero Tartarughe e Fauna Selvatica”, oggi patrocinato dal WWF, che si estende su 1.500 mq, dotato di vasche per la stabulazione delle tartarughe marine, ampie gabbie per i gabbiani e l’avifauna, di un ambulatorio veterinario con sala operatoria e di un museo/mostra scientifico-divulgativo aperto al pubblico.
Era proprio ciò di cui aveva bisogno Lampedusa, uno degli ultimi luoghi del Mediterraneo, insieme alla gemella Linosa, dove le tartarughe vengono a deporre le uova, sulla candida Spiaggia dei Conigli, che senza tema di smentita viene definita una delle più belle al mondo, in un incantevole golfo chiuso fra un promontorio e l’omonima isoletta dei Conigli, dove le più possibili e immaginabili gradazioni dell’azzurro e delle sue incredibili trasparenze, celebrano un vero e proprio tripudio, facendo a gara con le grida analogamente festose dei gabbiani, che sembrano affermare con forza la proprietà del loro mare, a dispetto dei numerosi turisti che affollano il lido durante la lunga e calda estate.
Il problema è proprio quello di riuscire a coniugare le esigenze del turismo con quelle, indubbiamente più impellenti dell’ecosistema, se è vero che le tartarughe per deporre le uova di notte, risalendo il fondale che degrada dolcemente fino alla battigia, necessitano del buio e del silenzio più totali, che non sempre la maleducazione e la scarsa coscienza ecologica di un certo turismo becero e cafone sono in grado di garantire.
Daniela nel suo centro, visitato ogni anno da 11.000 persone, con l’aiuto dei suoi volontari riesce a curare annualmente almeno 500 tartarughe, quasi tutte catturate accidentalmente con ami e reti, portate al Centro dai pescatori locali, che hanno imparato a collaborare con lei, grazie alla campagna di sensibilizzazione che da anni, con i suoi ragazzi, ha fatto breccia anche nei cuori della gente di Lampedusa.
Alcune tartarughe subiscono delicati interventi all’apparato digerente e insieme ad altre che hanno accusato gravi danni alle pinne o al carapace, dopo le dovute cure vengono liberate in mare aperto o nella rada di Cala Madonna, fra l’entusiasmo dei turisti che assistono al “miracolo” della restituzione di questi splendidi animali al loro mare.
Nicola abita vicino al porto vecchio, in una delle caratteristiche abitazioni che sembrano appoggiate l’una sull’altra in cerca di reciproca protezione, ma d’estate, dall’alba al tramonto, lo si trova a Cala Greca, la minuscola spiaggia del Camping “La Roccia”, chiusa come un fiordo in miniatura fra due lastroni di falesie protesi nel mare, che creano una sorta di piscina naturale dai mille colori, abitata da miriadi di pesciolini che spesso saltano fuori dall’acqua, quando vengono rincorsi dai predatori più grandi.
E’ il guardiano della spiaggia, che cura come fosse il suo bambino, ripulendola dalle alghe e dai segni dell’inciviltà di alcuni turisti.
A Cala Greca affitta kayak, ma soprattutto scolpisce nell’arenaria piccoli oggetti, delfini, tartarughe e volti umani, simili ai Mohai polinesiani dell’isola di Pasqua, strana coincidenza che collega idealmente sul piano artistico due isole tanto diverse e lontane.
Nicola sembra conoscere tutti gli animali di Cala Greca e quando un pomeriggio ho notato un gabbiano che si trascinava mestamente verso la riva, lui ha capito subito che aveva un’ala rotta.
Chissà qual è il motivo per cui ovunque io vada, mi capita sempre di vedere animali sofferenti o in difficoltà, ma tant’è: con l’aiuto dei gestori del campeggio e soprattutto con il tempestivo intervento di Nicola, felicemente conclusosi con la cattura del gabbiano, riusciamo a portarlo al Centro Recupero del WWF di Daniela.
Qualche giorno più tardi, rientrato a casa, una telefonata mi informa che il gabbiano non volerà più, ma che resterà per tutta la sua vita ospite del Centro, in un giardino protetto con tanto di laghetto per rinfrescare le sue povere ali spezzate.
Vi voglio bene, amici di Lampedusa, vi auguro di poter sempre contare su piccoli uomini come Nicola, che si occupano delle spiagge, senza lasciarle nel degrado più totale come la splendida Cala Pulcino, infestata dalle alghe o come la meno celebrata ma altrettanto incantevole Cala Pisana, deturpata vergognosamente da ogni sorta di rifiuti.
Vi auguro di riuscire a salvare sempre più tartarughe, grazie al quotidiano impegno di Daniela e dei suoi volontari.
Vi auguro, infine, di non essere costretti ad avere nostalgia della vostra splendida isola, come accade a Valentino, ma che i vostri figli possano nascere, vivere e morire a Lampedusa con serenità, come sperano gli occhi di Angela, mentre guardano verso il mare con fiera tristezza, dall’alto del suo terrazzo, sopra la Madonnina che domina il porto.
Il sito più bello dedicato a Lampedusa è www.isoladilampedusa.it, completo di descrizioni storiche, geografiche, di una mappa interattiva dalla quale è possibile visualizzare le foto dei luoghi più conosciuti dell’isola, di un forum abbastanza vivace e soprattutto di articoli molto interessanti, fra i quali quello che narra la vicenda di Angela.
Più turistico il sito Lampedusa On The web, con un interessante reportage fotografico nel link “Tour dell’isola”.
Per documentarsi circa il Centro Recupero Tartarughe di Daniela, c'è il sito web apposito: Lampedusa Turtle Group
Per i links turistici, indico il sito dedicato ai resort di Valentino e quello del Camping La Roccia, dove sono visibili le foto di Cala Greca, la spiaggia di Nicola.