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Cubadak, Robinson col satellite
Testo: Ermanno Sommariva
A volte un disguido, un piccolo contrattempo o una frase rivolta in modo scortese possono cambiare radicalmente la vita di una persona. Ed è proprio qualcosa del genere che è accaduto a un broker di assicurazioni, il piemontese Nanni Casalegno, il quale nel 1991 si trovava in vacanza a Sumatra; giunto all'ufficio del turismo di Padang, capitale della zona occidentale dell'isola, si sentì rispondere che nel raggio di 600 Km non era possibile trovare alcun albergo sul mare. Riuscì comunque ad affittare una barca di pescatori, marinaio compreso per visitare la costa sud occidentale di Sumatra con una semplice imbarcazione di fortuna.
Fu come un'illuminazione: affascinato dalla selvaggia bellezza della zona, con un investimento neanche troppo oneroso decise di comprare un'isola di 15 Km² interamente ricoperta dalla vergine foresta pluviale e praticamente disabitata, salvo poche isolate case di pescatori.
Inizia così l'avventura di Nanni Casalegno e della moglie Federica, i quali, abbandonata la rassicurante civiltà metropolitana, si trasferiscono nell'isola di Cubadak (si pronuncia ciubadàk, che in lingua indonesiana, inventata a tavolino dalle autorità una ventina di anni fa per unificare idiomi e dialetti delle innumerevoli isole dell'arcipelago, significa "albero del pane"); situata a 1° circa di latitudine Sud e 100° circa di longitudine Est, è un vero e proprio paradiso verde interamente circondato dalla barriera corallina, distante sole 3 miglia dal villaggio di Corocok, ultimo avamposto abitato della vicina Sumatra.
Avvalendosi della manodopera locale, in breve tempo costruisce il suo resort, solo 10 capanni in legno con il tetto in paglia (oggi sono 13), fra i quali la sua abitazione, una sorta di palafitta sul mare accessibile solo dal pontile di imbarco. Realizza così un villaggio non certo lussuoso, ma estremamente esclusivo, adatto per il turista sportivo ma esigente, amante dello spirito di avventura, ma per nulla disposto a rinunciare alle comodità e alla buona tavola.
E' stato lo stesso Casalegno, infatti, ad insegnare al personale indonesiano ad "italianizzare" almeno in parte la cucina locale, con risultati eccellenti, se è vero come è vero che anche il sottoscritto, cuoco per diletto, è riuscito a rubare abilmente le segrete ricette di Nanni, prima di partire da Cubadak per fare ritorno in patria.
Sull'isola, la vita scorre con piacevole naturalezza, in sintonia con l'indole degli indonesiani, che compiono ogni attività con estrema calma, senza un minimo accenno di stress. È con questo spirito che Nanni ti guida fra le magie della barriera corallina con la sua barca a vela, che si perde all'orizzonte confondendosi fra le tante nuvole che sovrastano i 3.000 metri della montagna di Sumatra; ed in questo paesaggio suggestivo, come un puntino sperduto fra tutte le gradazioni possibili del verde e del blu, impari a fare qualunque cosa senza alcuno scopo, ma per il solo piacere di farla, tanto da dimenticarti di essere partito quel pomeriggio per prendere dimestichezza con fiocco, randa e boma.
Lo stesso clima si respira quando la moglie Federica, insieme a un paio di giovani indigeni, ti accompagna in motoscafo alla scoperta delle isole limitrofe: l'impressione è che lei stessa e i due marinai non lo facciano per esigenze di contratto, ma per condividere con te le emozioni di un fortunale in arrivo o dello snorkeling nelle acque della secca, dove arrivi completamente rilassato, quasi fosse la cosa più naturale del mondo nuotare fra tartarughe marine, enormi tonni e branchi di barracuda; arrivi a sentirti parte dell'ecosistema, come uno dei tanti pesciolini multicolori che ti guardano incuriositi, o come i pesci volanti che hanno accompagnato la barca nella navigazione, fino a non farti temere affatto, stordito da un'innocente incoscienza infantile, un eventuale incontro con squali o serpenti di mare, tutt'altro che improbabile nel mare indonesiano.
Provate a domandare a Sebastiano, che dalla nebbiosa Senago nei pressi di Milano, è venuto a vivere qui alcuni anni or sono, per fare l'istruttore diving del villaggio; chiedetegli delle suggestioni dell'Oceano Indiano, lui che lo conosce bene da quando ha costruito con mezzi poco più che artigianali insieme a falegnami di Sumatra un gioiello di barca chiamato "Naga Laut", che significa "drago marino". E proprio di drago deve trattarsi, se è riuscita a mantenersi integra nonostante un problematico varo fra i taglienti scogli corallini di Cubadak, dopo tre o quattro tentativi infruttuosi effettuati durante altrettante alte maree.
Ma ancora oggi la leggenda del drago è più che mai viva, quando la Naga Laut porta i turisti giapponesi o americani a divertirsi fra le acque delle isole Mentawai, uno dei tre luoghi migliori al mondo dove è possibile fare surf acrobatico, (insieme alla California e alle isole Hawaii), grazie alle onde gigantesche dell'Oceano indiano, che dal lontano continente antartico non trovano una sola terra emersa a fare da ostacolo, per quasi 90° di latitudine verso nord. Ebbene, è proprio Sebastiano a raccontarvi, comodamente seduto sui divani del bar del pontile di Cubadak, davanti a un aperitivo servito da Nanni, di come lui e il suo socio abbiano imparato presto a misurarsi con le tempeste oceaniche, o di come siano riusciti a improvvisarsi chirurghi, suturando loro stessi, con ago e filo, le profonde ferite procurate ai surfisti dai coralli delle Mentawai.
È proprio su quel pontile che si ascoltano altre avventure, come quella di cinghiali avvistati mentre nuotano ad un chilometro dalla riva, presi al lazo in uno strano rodeo acquatico; e così, la sera prima di partire, guardando le fioche luci del Naga Laut, ancorato al largo e ascoltando il sottofondo di scoppiettanti barchette di pescatori che illuminano l'orizzonte con le loro lampare, simili a lumini di cera galleggianti, ti chiedi se tutto questo è reale o se stai vivendo un magico sogno d'Oriente. Ma soprattutto ti domandi se il coraggio lo ha avuto realmente chi ha deciso di vivere in quel paradiso del terzo millennio, con energia elettrica fotovoltaica, radiotelefono, personal computer e satellite o se il vero eroe sei tu, che da domani inizierai una nuova vita con la tua lei, che è diventata tua moglie da pochi giorni, e che dovrà sopportarti fra le quotidiane code in autostrada e le tensioni accumulate in ufficio.
Purtroppo il villaggio di Nanni Casalegno è stato costretto a chiudere nell'Ottobre del 2021, in seguito alla pandemia di covid ed a tutte le sue conseguenze, specialmente nel settore turistico.