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Isole Misteriose: Annobón/Pagalù, il paradiso contaminato

Testo: Ermanno Sommariva

ANNOBÓN IN SINTESI

Superficie 17 Km²
Abitanti 5.300
Altitudine massima Pico Quioveo 598 m
Stato Guinea Equatoriale
Regione Annobón
Oceano Atlantico
Golfo di Guinea   C’era una volta e purtroppo c’è ancora un isoletta sperduta in mezzo all’Oceano Atlantico, uno di quei luoghi baciati da tante fortune: uno splendido isolamento, una vegetazione equatoriale lussureggiante, una meravigliosa fauna selvatica, un mare caldo e invitante, insomma, uno di quei luoghi destinati a diventare ciò che l’oleografia dei depliant turistici ama definire un “paradiso tropicale”.

   Perché allora poco sopra ho scritto l’espressione “...e purtroppo c’è ancora...”? La ragione è che questa favola esotica da agenzia di viaggio non ha un lieto fine, ma a causa dell’egoismo umano sta vivendo un incubo allucinante, che ha dell’incredibile.

Le isole Annobon e Bioko   Scoperta il 1° gennaio del 1475 dalla spedizione portoghese di João de Santarém e Pêro Escobar, che la battezzò “Do Anno Bon”, l’isola è di origine vulcanica, sebbene ogni attività sia cessata da migliaia di anni: ha la forma di un ovale allargato di 6 km per 3, per un totale di 17 km², 335 chilometri ad ovest della costa del Gabon, a cavallo dell’Equatore nel Golfo di Guinea (1° 24´di Latitudine S, 5° 35´ di Longitudine E), dove vivono circa 5.300 abitanti, quasi tutti discendenti di schiavi deportati da spagnoli e portoghesi.

   Già, perché Annobón, la più lontana dal continente africano fra le isole del Golfo di Guinea, è stata a lungo contesa fra Spagna e Portogallo nel corso degli ultimi 5 secoli, dividendo la sorte con l’isola di Fernando Poo, ora denominata Bioko.

   Per tale ragione, nel 1972, all’atto della conquista dell’indipendenza da parte della Guinea Equatoriale, Annobón divenne parte del nuovo Stato, unitamente a Bioko (dove si trova la Capitale dello Stato, Malabo), da cui dista circa oltre 600 km e al piccolo territorio dai confini squadrati, stretto fra Gabon e Camerun, già denominato Rio Muni.

   Si trattò di una scelta alquanto strana, considerato che per viaggiare fra Annobón e il resto della Guinea Equatoriale è necessario transitare nelle acque gabonesi o in quelle della Repubblica di São Tomè e Principe, ma come in altri casi fu una decisione dettata dal passato coloniale, che determinò i nuovi confini territoriali dei nascenti stati africani indipendenti.

   Fu nel 1973 che il il primo Presidente del nascente stato, l’autoproclamato Francisco Macìas Nguema ribattezzò l’isola col nome di Pagalù, che in portoghese creolo significa “pappagallo”, nome conservato anche dopo la presa del potere da parte dell’onnipotente Presidente a vita Teodoro Obiang Nguema, al potere dal 1979.

   Annobón/Pagalù avrebbe potuto essere comunque una rilevante fonte di reddito per il governo guineoequatoriano, se fosse stato utilizzato il solo potenziale turistico, ma purtroppo non è stato così.

   A partire dal 1988, infatti, l'azienda britannica Buckinghamshire avrebbe ottenuto l'autorizzazione di scaricare ad Annobón 10 milioni di barili di residui tossici in cambio di 1.6 milioni di dollari.

   Secondo il guineoequatoriano Dr. Samuel Mba Mombe, già Segretario Generale dell'Alleanza Nazionale per Restauración Democrática (ANRD), grazie ad un altro accordo con il governo della Guinea Equatoriale, altre aziende avrebbero ottenuto l’autorizzazione di scaricare in questo eden sette milioni di tonnellate di resti nucleari: l’azienda britannica Emvatrex ed il Gruppo Consorzio Axim di New York, avrebbero siglato infatti un contratto per l'immagazzinaggio di due milioni di barili di resti tossici in Annobón.

   Il Dr. Mba Mombe cita autorevoli fonti di stampa internazionali, secondo le quali ogni anno il dittatore Obiang Nguema avrebbe ottenuto circa 200 milioni di dollari per ammettere i rifiuti industriali seppelliti in Annobón.

   L'azienda nordamericana avrebbe trasferito ad Annobòn 7 milioni di tonnellate di resti nucleari nell’arco di una decina d’anni: l'accordo prevedeva che ogni anno venissero scaricati ad Annobón un totale di 720.000 tonnellate di rifiuti tossici.

   A fronte di tale scempio, ironia della sorte, il regime non avrebbe reinvestito i proventi nell'isola: Annobón sarebbe tuttora senza automobili e strade principali, elettricità, acqua corrente, televisione o fabbriche: la gente è priva di sale, lampade di olio, medicine, latte, vestiti e persino fiammiferi, la scuola e il piccolo ospedale dell’isola sono stati chiusi.

   L'assistente tecnico di agronomia, il tedesco Hildegard Keck che ha operato per l'istituzione di un sussidio della Chiesa Cattolica in Guinea Equatoriale ha dichiarato al Dr Mba Mombe: “Ci sono indicazioni circa importanti ritrovamenti di sostanze radioattive nel litorale di Annobón. L'isola è protetta dai militari, tutte le comunicazioni col resto del Mondo sono interrotte. È necessaria un'indagine urgente sulla sostanza nociva e sui danni all'ambiente„.

   La scienziata linguista dell'università di Amsterdam, la D.ssa Marike Post è stata testimone oculare del dramma nell'isola di Annobón prima che i militari tagliassero ogni comunicazione con il mondo esterno. La ricercatrice ha trascorso tre mesi in Guinea equatoriale. Ad Annobón, in particolare, si è recata per studiare le lingue creole degli abitanti dell'isola.

   In seguito alle minacce costanti dei soldati, delle spie e della polizia, la D.ssa Marike Post ha dovuto interrompere il progetto e lasciare l'isola. Le sue osservazioni confermano il sospetto secondo cui il regime starebbe premendo per evacuare gli abitanti dell'isola. Gli abitanti sarebbero bloccati nell'isola come prigionieri di un campo di concentramento, affamati e spinti ad espatriare, ma si rifiutano di abbandonare la proprie case: i pochi pescatori avrebbero il permesso di uscire in mare solo con il permesso dei militari.

   I poveri abitanti del posto hanno visto arrivare sull’isola molte navi, che nella loro semplicità hanno definito “Barche della chiamata di morte„: le navi avrebbero scaricato il loro carico mortale davanti ai reefs e alle rocce del litorale di Annobón. Il regime ha da sempre cercato di rassicurare la popolazione asserendo che si sarebbe trattato di “pescherecci della Corea„ che avrebbero pescato illegalmente nelle acque dell’isola.

   Secondo la valutazione della scienziata, Annobón sarebbe ormai prossima a un vero e proprio disastro ecologico, che non è dato sapere se continui tuttora, visto che l’isola è off limits.

   L’isola sarebbe pesantemente contaminata dal radón (una sostanza radioattiva). Gli esperti dell'ambiente hanno gravi sospetti circa la presenza di forti quantitativi di pesticidi, diossina, formaldeide, metalli pesanti, residui dei prodotti per l'imbiancatura della carta e la difesa di legno, cianuro e fenolo.

   Gli effetti sulla flora, sulla fauna e sugli uomini sono devastanti: tutto è iniziato con le palme, che improvvisamente hanno smesso di produrre frutti ed hanno cominciato a seccarsi. La gran parte delle palme è stata attaccata da una muffa bianca, che ha portato le piante ad una rapida morte. Le malattie delle piante, inoltre, colpiscono i banani, gli avocado, le papaie ed altri alberi, che non producono quasi più frutta e sono invasi dalla muffa. Le nuove piante quasi non si sviluppano: le giovani piante delle banane non raggiungono la terza parte della grandezza raggiunta in precedenza.

   Anche i pesci, alimenti di base nell'isola, mostrano difettose alterazioni di sviluppo: raggiungono soltanto un quinto della loro dimensione e del loro peso raggiunti prima dell’inquinamento dell’isola.

   Tutti i gatti di Annobón sono morti (c’è chi accusa i soldati di averli mangiati): per tale ragione i topi si sono moltiplicati, trasformandosi in un vero e proprio flagello. Il regime, ha rifiutato tutti i programmi di aiuto per l'isola e per combattere la diffusione dei ratti: nessuno deve essere a conoscenza dei programmi del governo.

   I topi divorano tutti i raccolti, dissotterrano i tuberi, saccheggiano ciò che resta della frutta delle piante: i ratti insaziabili divorano tutto ciò che trovano sulla loro strada.

   Anche il mondo animale dell'isola è stato colpito: lucertole, tartarughe, serpenti, uccelli marini, scorpioni ed enormi millepiedi.

   I ratti attaccano vecchi e bambini durante la notte e mordono le parti molli dei loro corpi, orrendamente mutilati.

   Di conseguenza, oltre il 43% dei bambini inferiori a cinque anni in Annobón è gravemente sottopeso. La mortalità infantile si è elevata in due anni dal 13.8% al 17%.

   Il 41% dei bambini è affetto da diarrea ed è colpito da parassitosi intestinale.

   Il 29% dei bimbi soffre di anemia e paludismo, il 41% da malattie della pelle, di scabbia il 25%, il 13% di ascessi, l’8% è affetto da ulcere dello stomaco. Il 67% dei bambini ha tumefazioni al viso. Fra i bambini si cominciano a contare alcuni casi di leucemia, ma i militari fanno in modo che vengano isolati. E’ sempre più elevato il livello delle malattie della pelle che è doppio rispetto a quello dei bambini di altre zone della Guinea Equatoriale. La stessa maggiore incidenza riguarda il paludismo, le ulcere e le tumefazioni. La quota dei bambini asmatici è persino di tre volte superiore al normale. Le cause della rovina della salute degli abitanti dell'isola di Annobón, della morte lenta delle foreste, dell'alterazione nello sviluppo della vegetazione e della minore raccolta di frutti, sono per gli esperti qualcosa di molto chiaro.

   Il noto analista internazionale Isaac Bigio, giornalista spagnolo autore di diversi articoli su Annobón, da me contattato personalmente, ha confermato tutte le notizie riportate dal Dr. Samuel Mba Mombe.

   Chi legge queste pagine drammatiche si chiederà se sia stato fatto qualcosa per fermare questo vero e proprio disastro ecologico.

   Il Dr. Samuel Mba Mombe, ha avuto alcuni incontri con medici guineoecuatoriani in Germania per analizzare la situazione, raggiungendo la decisione unanime di trasmettere lettere di protesta ai governi di São Tomé e Principe, Camerun, Gabon e Nigeria attraverso i relativi ambasciatori accreditati in Germania, per attrarre l’attenzione sul pericolo e sulle conseguenze irreparabili che questo scempio ecologico potrebbe comportare per i Paesi della zona. La lettera è stata inoltre trasmessa per conoscenza ai mass-media, ma pochi di questi ne hanno dato notizia con la giusta enfasi.

   La D.ssa Marike Post dell'università di Amsterdam ha cercato di mobilitare l’ONU, il Parlamento Europeo, le organizzazioni umanitarie Greenpeace, Medici senza Frontiere e la Chiesa per fermare la contaminazione dell'ambiente di Annobón: finora i risultati sono stati alquanto modesti.

   È la stessa D.ssa Post a chiedersi drammaticamente: “Chi può porre fine a questo crimine? Chi può aiutare la gente dimenticata di quest’isola?“

   La verità è che finché l’opinione pubblica mondiale non sarà a conoscenza di quanto sta avvenendo ad Annobón, alla stampa e ai politici interesserà poco la sorte dei 2.000 sventurati di un’isoletta sperduta nell’Atlantico. Proprio per tale ragione ho deciso di scrivere l’articolo che state leggendo, anche perché finora in Italia nessuno aveva ancora scritto su questo argomento.

   Ritengo un dovere morale informare su questa triste vicenda, almeno fino a quando perdurerà l’isolamento di Annobón e non sarà stato chiarito ogni dettaglio della vicenda.

   I links che segnalo, purtroppo, sono quasi tutti in lingua spagnola.

   Nella sezione spagnola di Wikipedia (molto completa per la parte storica e geografica), viene fatto un breve cenno sull’argomento.

   L’articolo firmato dal già citato Dr. Samuel Mba Mombesi si può trovare sul sito www.guineequatoriale-info.net, portale di notizie sulla Guinea Equatoriale.

   L’analista internazionale spagnolo Isaac Bigio, collaboratore di numerosi periodici fra i quali El Comercio, La Opinión, la BBC, el Grupo de Diarios América, La Prensa ed altri, ne parla diffusamente su questa pagina.

   (Per le traduzioni in lingua spagnola: Mercedes Company Puche)



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