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Turismo Insolito: Gambia, alla scoperta delle radici

Testo: Ermanno Sommariva
   Circa 10.700 kmq., poco meno dell’Abruzzo, ma con un territorio dalla forma allungata da est a ovest, che segue parte del placido corso dell’omonimo fiume lungo 1.130 Km, 475 dei quali nel suo territorio, con un dislivello di appena una decina di metri fino alla sua foce nell’Oceano Atlantico, di fronte all’Arcipelago del Capo Verde.

   Un milione e quattrocentomila abitanti di varie etnie, fra le quali la più significativa è quella Mandinga, dei discendenti del celebre Kunta Kinte della fiction “Radici”: vivono qui, sulle sponde di questo magico fiume dell’Africa occidentale, in un Paese ancora poco scoperto dal turismo di massa, a differenza del vicino Senegal, il cui territorio circonda quello del Gambia da tre lati, nord, est e sud, proteggendolo quasi come una culla.

   Chi visita il Gambia, avrà l’impressione di trovarsi nel “Paese del sorriso”, per via dell’indole positiva ed affabile dei suoi abitanti, sempre pronti ad accogliere calorosamente il viaggiatore che scopre le sue candide spiagge tropicali da sogno, la cui realtà supera l’oleografia dei depliant turistici, oppure i suoi cinque parchi nazionali, dove è possibile vedere ben 600 specie di uccelli, soprattutto migratori da novembre a maggio, per non parlare di scimmie, scimpanzé, oltre a coccodrilli, ippopotami, leopardi, iene e antilopi.

   Sono proprio due le anime del Gambia: una più propriamente predisposta alla vocazione turistica, lungo la stretta fascia costiera, orlata di spiagge e lagune, dove le acque del fiume e del mare si incontrano, salutate dal canto dei numerosi uccelli tropicali.

   Ma c’è un’altra anima nel Gambia, che corrisponde al suo stesso fiume, dalle cui rive provenivano le migliaia di uomini deportati in America nel periodo più buio della schiavitù. E’ l’anima che lega indissolubilmente il fiume alla sua foresta, dove è la natura ad essere protagonista assoluta, con i suoi animali selvatici fra i quali il coccodrillo, che qui viene ritenuto sacro, con poteri sulla salute e la fertilità.

   Più che per i suoi animali, tuttavia, il Gambia è interessante per la sua gente, dal carattere gioviale, sempre ben disposto a partecipare a feste e celebrazioni: una di queste è il Roots Homecoming Festival o “Festa delle radici e del ritorno a casa”, che si svolge fra la fine di giugno e l’inizio di luglio, di recente istituzione ma già molto sentita dalle popolazioni locali, che vi partecipano entusiasticamente: la festa ha lo scopo di rimettere in contatto gli Europei e gli Americani di origine africana con il loro stesso Continente d’origine, quasi un superamento della diaspora che due secoli prima aveva segnato la pagina più brutta del Gambia e dell’Africa occidentale in senso lato.

   La festa viene celebrata con particolare enfasi nel villaggio di Jufureh, sulla riva nord del fiume, dove secondo lo scrittore afro-americano Alex Haley viveva Kunta Kinte, il noto personaggio del suo romanzo “Radici”, nonché antenato dello stesso Haley.

   Visitando il Gambia e soprattutto i variopinti mercati della capitale Banjul o della rurale e vivace Basse Santa Su, vi renderete conto anche da dove arrivi la maggior parte delle arachidi che sgranocchiate in Patria, dopo averle estratte da un cesto natalizio: furono gli inglesi, che esercitarono il Protettorato sul Gambia dal 1820, per poi trasformarlo in una vera e propria Colonia, fino al 1965, anno della sua indipendenza, a introdurre nel Paese la coltivazione delle arachidi, ancora oggi una delle principali risorse economiche insieme al turismo, tanto che il Gambia, nonostante le sue modeste dimensioni, è ancora oggi uno dei primi produttori mondiali di olio di semi di arachide.

   Due consigli per chi intende recarsi nel piccolo Paese africano: portatevi un pallone da football, vi farete molti amici, se è vero che le autorità locali hanno addirittura proibito le partite di calcio durante la fertile stagione delle piogge (da luglio ad ottobre), affinché i giovani del luogo si dedichino con maggiore impegno all’agricoltura, distratti come sono dallo sport più popolare dell’Africa.

   Il secondo consiglio è rivolto ai lettori di sesso maschile: se siete con vostra moglie, la vostra fidanzata o la vostra compagna, non perdetela d’occhio un solo istante: i giovani locali riscuotono un più che discreto successo tra le turiste occidentali!

   Non mancano le escursioni nei parchi nazionali, in particolare nella Abuko Natural reserve per provare il brivido della foresta e dei suoi abitanti, fra i quali i felini predatori, per poi proseguire in canoa per una piantagione di ostriche, raccolte e lavorate dalle donne del luogo.

   Che dire dell’escursione in canoa alla più vicina Makasutu (che in lingua mandinga significa “foresta profonda”), con pranzo tipico e spettacolo di danza tribale?

   Per chi preferisce qualcosa di più tranquillo, c’è anche la possibilità di effettuare una passeggiata sulla spiaggia a dorso di cammello e dulcis in fundo una “crociera sul fiume sulle orme di radici” fino a Juffureh, il villaggio di Kunta Kinte: ce n’è abbastanza per fare ammalare inguaribilmente di “mal d’Africa” il turista che visita per la prima volta questo magico Paese, chiamato Gambia.

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